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Society and Politics

Le “Donne in nero”: lutto come protesta

Il movimento delle “Donne in nero” (“Women in Black”, WiB, in ebraico: נשים בשחור [Nashim BeShahor]) apparve a Gerusalemme nel 1988 come protesta contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, e in seguito divenne globale. In Russia, le iniziative delle “Donne in nero” si svolgevano durante la guerra in Cecenia, e ora sono rinate a causa dell’invasione russa dell’Ucraina.

Raccontiamo la storia del movimento antimilitarista, che ha compreso oltre 40 paesi e decine di conflitti militari. (Leggere in russo).

https://www.972mag.com/photos-israeli-women-who-have-stood-up-to-the-occupation-for-26-years/
https://www.972mag.com/photos-israeli-women-who-have-stood-up-to-the-occupation-for-26-years/

Il movimento delle “Donne in nero” apparve a Gerusalemme nel 1988 come protesta contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi.

Il simbolo del movimento è diventata la mano su cui era scritto “Stop”, che significava “Stop occupazione”. Al culmine del movimento contro l’occupazione, le israeliane hanno tenuto 30 picchetti in tutto il paese. I picchetti regolari contro l’occupazione le attiviste in nero tengono fino ad ora (dal 1988!) ogni venerdì dalle 13 alle 14 ore. Le donne scendono ancora nelle piazze principali delle città o agli incroci delle autostrade, dove rimangono fermate con manifesti che chiedono la fine all’occupazione israeliana. Nel corso degli anni, sono state spesso insultate o violentemente perseguitate dai passanti.

Però, il movimento delle “Donne in nero” è diventato globale e si è diffuso in più di 40 paesi, raggiungendo decine di conflitti militari. Le attiviste chiamano le loro proteste delle “veglie”:

“Non siamo un’organizzazione, ma un mezzo di comunicazione e una forma di azione. Ci opponiamo al militarismo e alla violenza in tutto il mondo sostenendoci a vicenda.

Qualsiasi gruppo di donne in tutto il mondo in qualsiasi momento è in grado di organizzare un picchetto delle “Donne in nero” contro qualsiasi atto di violenza, militarismo o guerra. Stiamo in piedi vestite in nero in luoghi pubblici in “veglie” silenziose e non violente, regolarmente e a una certa ora. A volte teniamo dei manifesti o distribuiamo degli opuscoli. Restiamo non violente e non aggressive nelle nostre azioni”.


Oltre alle veglie i gruppi delle “Donne in nero” utilizzano molte altre forme di azione diretta: blocchi di strade, infiltrazioni in basi militari e altre zone militari, ecc. Il colore nero in alcune culture significa il lutto, e le azioni delle femministe vestite in nero trasformano il lutto femminile dei morti, il lutto tradizionale e passivo, in una potente negazione della logica di guerra.

Quando nel 2001 le “Donne in nero” in Israele/Palestina come parte della coalizione “Women for a Just World” hanno invocato una “veglia” contro l’occupazione dei territori palestinesi, almeno 150 gruppi di WiB in tutto il mondo hanno risposto. Hanno aderito al movimento Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Inghilterra, Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Messico, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia e molti altri. Secondo le stime degli organizzatori, in totale circa 10.000 donne hanno partecipato alle azioni delle “Donne in nero”.

Il movimento delle “Donne in nero” parla apertamente della sua ottica femminista:

“Non abbiamo una costituzione o un manifesto, ma il nostro punto di vista è chiaro dalle nostre azioni e parole. Ovviamente, abbiamo un’ottica femminista: sosteniamo che la violenza degli uomini sulle donne durante la guerra è legata alla violenza sulle donne in tempo di pace, che la violenza domestica è legata ad altri tipi di violenza. La violenza è usata come uno strumento per controllare le donne. In alcune regioni, gli uomini che condividono questo punto di vista ci aiutano, e noi a nostra volta sosteniamo quegli uomini che si rifiutano di combattere”.

Le “Donne in nero” sottolineano che la maggior parte delle donne hanno un’esperienza diversa dalla maggior parte degli uomini. Tutte le donne durante la guerra temono lo stupro. Sono le donne la maggioranza del numero totale di rifugiati. Il movimento sostiene anche che le donne dai lati opposti della guerra e del conflitto possono, in alcune situazioni, lavorare insieme per influenzare le negoziazioni e l’opinione pubblica e per rendere la guerra inconcepibile come una politica.

Ogni gruppo delle “Donne in nero” ha il suo messaggio locale, perché non può esserci un messaggio universale contro la guerra, uguale per tutti. Ogni luogo ha la sua storia, le sue tragedie e i suoi traumi, il suo contesto culturale.

Una delle “Donne in nero” israeliane, 72-enne Edna Zaretsky Toledano, ha detto in un’intervista:

“Il nostro stato deve essere uno stato per tutti i suoi cittadini, ma allo stesso tempo deve aprire le porte ai rifugiati di tutto il mondo. È così che vedo la nostra umanità. Purtroppo stiamo vivendo un processo di disumanizzazione. È molto difficile per me, come la figlia di sopravvissuti all’Olocausto, vedere questo”.

Edna Zaretsky Toledano
Edna Zaretsky Toledano
Orly Nathan
Orly Nathan

Un’altra partecipante, Orly Nathan, aggiunge:

“Sfortunatamente, stiamo sempre diventando meno e stiamo invecchiando. Penso che le donne ebree oggi magari considerino le nostre veglie troppo passive. Ma non è vero. Stare in un luogo pubblico a mezzogiorno, nel giorno più trafficato della settimana, nel centro della città, non è passivo. Il nostro obiettivo è rendere visibile l’occupazione. Per far capire alla gente che questo è un errore”.

Le azioni delle “Donne in nero” si sono compiute anche in Russia. Le attiviste si opposero alla guerra in Cecenia all’inizio degli anni 2000 e parteciparono al movimento delle madri contro la guerra. Le azioni delle “Donne in nero” furono rianimate dalla Resistenza femminista contro la guerra, che chiamò gli attivisti a scendere ogni venerdì nelle piazze delle loro città dopo l’attacco russo all’Ucraina. Le attiviste in nero uscirono sulle piazze in più di 30 città della Russia. Alcune di loro furono arrestate per “screditare l’esercito russo” (un gruppo di attiviste da Ekaterinburg e Nižnij Novgorod), e a loro furono imposte delle detenzioni e ammende.

Le attiviste a Ekaterinburg / primavera 2022
Le attiviste a Ekaterinburg / primavera 2022

Anche come parte della Resistenza femminista contro la guerra a Parigi è apparso un gruppo artistico femminista “Le Piangitrici”, che teneva le azioni contro la guerra vicino agli edifici amministrativi associati alla Russia.

Le Donne in nero a Guildhall, Cambridge / giugno 2022
Le Donne in nero a Guildhall, Cambridge / giugno 2022

Tali azioni in formati diversi sono compiute dalle cellule della Resistenza femminista contro la guerra in Corea del Sud, Paesi Bassi, Germania. Le “Donne in nero” parteciparono alle azioni russe contro la guerra il 9 maggio, opponendosi al militarismo e imperialismo, così come a tutte le forme di violenza di genere e di stato. Le attiviste del movimento vennero vestite in nero ai tribunali politici e alle loro cerimonie di laurea o maturità, ricordando che molti studenti ucraini non sono vissuti fino alle cerimonie finali di scuola o università a causa dell’aggressione russa.

Continuiamo a incoraggiare tutti (che vogliono) di cercare mezzi di esprimere in pubblico la propria protesta e il lutto. “Women in Black” è una protesta simbolica, la cui efficacia è difficile da misurare in un contesto di guerra. Ma questa protesta simbolica sostiene e incoraggia il dibattito pubblico, dimostra l’esistenza di una visione alternativa su ciò che sta accadendo e sostiene coloro che pensano di essere soli nelle proprie opinioni. Partecipando al movimento delle “Donne in nero”, non solo ci opponiamo alla guerra in Ucraina, ma diventiamo anche parte della rete di solidarietà femminista transnazionale — contro il militarismo, l’imperialismo e il colonialismo, — la solidarietà che va oltre i confini nazionali e sopra le teste dei politici, che non tengono conto di noi e non ci rappresentano.

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